Come osate?
Delle foglie l’Apocalisse
“Si sta come / d’autunno / sugli alberi
le foglie”.
G. Ungaretti
Le foglie ungarettiane sono i soldati della Grande Guerra, i giovani massacrati dal primo suicidio europeo. Per Luciano Puzzo ben più catastrofica è l’attuale guerra dell’uomo contro se stesso, una guerra che rischia di finire senza alcun trattato di pace. Per testimoniare contro una tale guerra l’artista prende di petto la realtà. Come lavora lo dice bene in un altro luogo del catalogo e non lo staremo qui a ripetere. La foglia, protagonista indiscussa delle opere in mostra, è un’entità vivente che non muore solo perché soggetta alla dittatura infernale del tempo, ma anche grazie al processo di deterioramento climatico messo in atto dal sapiens, come si evince nell’opera Rosso, nero, quasi bianco. In tutti i lavori viene esibito un indicatore che sottolinea il processo distruttivo; si parte dall’esser-qui della foglia e la si segue fino alla sua distruzione finale. Luciano Puzzo si proietta verso il 2100, al limite estremo oltre il quale l’uomo potrebbe riscontrare l’impossibilità di calpestare il pianeta Terra. L’arte può adottare procedimenti che non sono, originariamente, suoi; ecco, quindi, le Radiografie di una Apocalisse annunciata. Alla fine rimangono unicamente il sangue indicatore e il buio del nulla, della morte. Dicevamo del 2100; ecco l’Impronta fossile 2: ciò che cadrà nelle mani di un ipotetico visitatore della Terra dopo la sparizione della “scimmia nuda”. Il nostro si fa qui cantore della bellezza defunta; la foglia, nel suo struggimento, è ormai un fantasma impalpabile. A questo punto si apre il discorso dell’artista sulla bellezza.
Il lavoro di Luciano Puzzo conosce, apertamente, una dimensione concettuale; niente a che vedere però con il Concettualismo storico che, come è noto, rimane estraneo al discorso della bellezza. L’intervento della pittura obbliga invece (felicemente) Luciano Puzzo alla fascinazione di un’arte “opulenta”. La bellezza salva il mondo?
Il maestro non lo crede; la battaglia per salvare il pianeta è e rimane sostanzialmente politica e culturale. L’arte può indicare che la fine della terra corrisponde anche alla morte della bellezza. L’artista si ribella alle indicazioni dadaiste e neoavanguardiste concernenti l’inconcepibilità della bellezza. Inconcepibilità imputata ad un’idea della bellezza come evasione dal reale. Il lavoro dell’artista afferma, al contrario, che la bellezza deve e può consolare l’uomo soprattutto nel momento in cui tutto sembra perduto. Ecco il rosso abbacinante di Antropocene 1 e il contrasto che domina Antropocene 2 e 3.
Se passiamo a Invasione l’artista svela i segreti del capitalismo assoluto che si pone alla radice dell’assalto al pianeta. Su la foglia si sovrappongono forme geometriche oscure; temendo di essere scoperto, il capitalismo si ammanta del trascendente di Mondrian. Pensa così di apparire razionale. La notte senza stelle che lo segna, svela però il trucco; l’ordine razionale appartiene ad una razionalità diabolica e distorta che finirà per distruggere la foglia, cioè la natura e noi che facciamo parte della natura stessa. Puzzo strappa così la “foglia di fico platonica” a chi offende il maestro olandese sin dalle fondamenta. Riguardo a Futuro Presente non lasciamoci trarre in inganno dalla trasparenza collocata a destra di chi guarda. In realtà si tratta del vuoto che punta a negare la foglia; lo indica eloquentemente la traiettoria sicura e oscura che guarda la carovana del male. In Prima che sia notte l’analisi si fa particolarmente densa. Una notte sostanziale ha già inferto colpi decisivi alla foglia; come sempre, è in marcia per negare i colori vitali che ancora sono tali a sinistra. C’è da chiedersi se questa notte (nella sua insistenza qui e in altre opere), sia unicamente la notte della storia, oppure se anche la storia non faccia parte di una negazione che svela il non-essere dell’essere. Luciano Puzzo sembra evocare Giorgio Manganelli il quale, da gnostico radicale, ritiene che la notte terrestre altro non sia se non una immedicabile notte precedente ad ogni ente che appare. Il nostro sa bene che l’opera d’arte è, eo ipso, filosofia e che l’arte, a differenza di quanto ritiene Warhol, è pensiero aperto e viaggio all’interno delle abissalità della mente.
Come abbiamo visto, consolare significa combattere affinché si inverta la corsa verso il nulla. Mentre si corre, conclude Luciano Puzzo, la bellezza e la qualità delle opere indicano che non si può e non si deve distruggere una “scimmia nuda” capace, ieri come oggi, di produrre quella pienezza d’essere che è la bellezza stessa, e che compete allo splendore dell’arte intesa non come mera idea.
Robertomaria Siena